I comuni non devono fare i condoni. Le conseguenze per i cittadini e
per le casse dei comuni sarebbero devastanti. Su questa scia, la
scelta del comune di Lecce. Le ragioni (di legge e giurisprudenziali)
spiegate dagli avvocati Villani e Francesca Giorgia Romana Sannicandro
L'articolo 13 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, ha previsto in
maniera inequivocabile che a far data dall'entrata in vigore di tale
norma, i comuni e gli altri enti locali non possano effettuare
condoni. Nonostante ciò e nonostante la declaratoria di illegittimità
da parte di numerose sentenze della Corte di Cassazione non da ultima
l'importante sentenza n. 12679 del 30.05.2012, alcuni comuni tra cui
quello di Lecce si ostinano a perseverare nella proposizione di
condoni frutto di una cultura politica da prima repubblica, con
l'intento di recuperare quanto più possibile, ma con la concreta
possibilità, per non dire certezza, di conseguenze devastanti per i
cittadini – contribuenti e per le casse comunali. Intanto perché è
lecito chiedersi quanti contribuenti ne farebbero uso, poiché
correrebbero il rischio di aderire ad un condono giuridicamente
illegittimo, con il conseguente aggravio di spese successive (sanzioni
e interessi). Ed inoltre, l'ente locale andrebbe a sballare
completamente i loro bilanci prevedendo la riscossione di somme mai
certe e sicuramente improbabili.
Venendo ai casi più recenti, il parere rilasciato al comune di Lecce
da parte del Ministero delle Finanze, peraltro, palesemente erroneo,
in quanto parere, non può rappresentare una parola definitiva sulla
bontà della scelta politica e quindi amministrativa effettuata.
Dispiace solo, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello
dei Diritti", che l'arroganza degli amministratori leccesi sia tale da
sentirsi così forti sino a trincerarsi dietro la debolissima valenza
ai fini giustiziali di un semplice parere avente carattere
amministrativo ed interno.
Per esplicare ulteriormente le ragioni che ci spingono a criticare
ampiamente le procedure di tal tipo, segnaliamo di seguito l'inedito
articolo a firma degli avvocati Villani Francesca Giorgia Romana
Sannicandro che chiarisce in maniera puntuale perché i comuni non
possono fare i condoni fiscali.
Lecce, 17 novembre 2012
Giovanni D'Agata
I Comuni non devono fare i condoni fiscali
A) Normativa
Ai sensi dell'art. 13 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, è
previsto che "con riferimento ai tributi propri, le regioni, le
province e i comuni possono stabilire, con le forme previste dalla
legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a
disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell'ammontare delle
imposte e tasse loro dovute, nonché l'esclusione o la riduzione dei
relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine
appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni
dalla data di pubblicazione dell'atto, i contribuenti adempiano ad
obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti."
Accade che erroneamente molti comuni hanno ritenuto di applicare la
suddetta norma "sine die" deliberando dei condoni fiscali per le
materie di loro competenza per i periodi d'imposta successivi al 2002.
La norma è molto chiara nel ritenere applicabili tali condoni
relativamente ad obblighi tributari "precedentemente non adempiuti";
questo significa che tali condoni non sono da ritenersi attuabili a
partire dal 2002 in poi, data in cui entra in vigore la Legge de quo.
B) Giurisprudenza
Anche la Cassazione, con una serie di sentenze (n. 12679, n. 12675, n.
12677, n. 12678, n. 12679, n. 12688 tutte del 2012), ha dichiarato
l'illegittimità di tali condoni in violazione dell'art. 13 cit., in
particolar modo relativamente al termine in esso contenuto che non può
riferirsi ad annualità successive al 2002.
In particolare, la sentenza n. 12679 del 20.07.2012 (Presidente Dott.
Marco Pivetti, Cons. Dott. Michele D'Alonzo udienza del 30.05.2012) -
relativa alla legittimità di una delibera consiliare in tema di
imposta sulla pubblicità con la quale era stato approvato il
<Regolamento per la definizione agevolata delle liti pendenti relative
ai tributi comunali aboliti> - ha chiarito che "la possibilità per
il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso è
ancorata, dall'art. 13 della L. 289/2002, alla concomitante presenza
di due specifici presupposti: a) che si tratti di obblighi tributari
precedenti l'entrata in vigore della legge in questione; b) che alla
data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di
accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale
fossero già stati instaurati. (…) Se ne deve necessariamente inferire
l'illegittimità del condono poiché adottato in violazione dell'art. 13
della l. 289/2002, che delimitava temporalmente – mediante il visto
riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente prima
dell'entrata in vigore di detta legge – il potere dei Comuni di
stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque,
sine die dall'amministrazione comunale."
Con riferimento ai principi costituzionali di cui agli artt. 3
(uguaglianza di trattamento dei debitori tributari diversi da quelli
locali), 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie)
e 119 co.2 (coordinamento della finanza pubblica locale con quella
nazionale), gli Ermellini specificano che "l'esercizio di un potere in
materia tributaria, da parte dell'ente locale, una volta che sia
spirato il termine, previsto dalla legge statale autorizzativa, entro
il quale tale potestà poteva essere esercitata, comporta la carenza
del potere medesimo e la conseguente disapplicazione, da parte del
giudice ordinario, dell'atto assunto in violazione della norma
attributiva della potestà esercitata nonostante il decorso del termine
suindicato. Nel caso concreto, poiché l'art. 13 della l. 289/2002
concedeva all'amministrazione comunale la potestà di adottare il solo,
specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i
riferimenti suesposti, l'adozione di un ulteriore condono a distanza
di ben sette anni dalla normativa primaria succitata, determina
l'illegittimità del condono medesimo per carenza di potere, che va
dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell'art. 363 c.p.c.."
In tutte le pronunce citate è stato riaffermato che l'art. 13 cit.
attribuiva agli enti locali una "potestà oggettivamente limitata"
all'attuazione dello specifico condono ivi previsto, rendendo quindi
illegittimi i condoni "a catena" dei comuni.
In realtà, già prima di queste pronunce di legittimità, la Corte dei
Conti – Sezione Regionale di controllo per la Puglia – con la
deliberazione n. 4/PAR72010 del 13 gennaio 2010 rispondendo ad un
preciso parere del Sindaco del Comune di San Donaci (Brindisi) – ha
precisato che il condono dell'art. 13 della legge n. 289/2002 è
applicabile soltanto con riferimento ai periodi d'imposta antecedenti
al 01.01.2003, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per
un arco temporale indefinito, come confermato dalle pronunce della
Cassazione.
Lo stesso principio è stato ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte
dei Conti della Regione Siciliana con le deliberazioni n. 6/2007 del
13.12.2006 e n. 28/2008 del 04.06.2008 nelle quali è ribadito che la
norma di cui all'art. 13 cit. dev'essere oggetto di "stretta
interpretazione, considerato che l'istituzione di meccanismi di
definizione agevolata relativamente ad obblighi tributari rimasti
totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha
indubbiamente natura di evento eccezionale nell'ambito
dell'ordinamento giuridico. Ad avviso della sezione, la definizione
agevolata dei tributi propri delle Regioni e degli Enti locali può
avvenire soltanto con riferimento a periodi d'imposta antecedenti
all'1.1.2003, data di entrata in vigore della L. n. 289/2002, non
potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale
indefinito." ( SS.RR. Sicilia n. 6/2007).
C) L'interpretazione del Ministero delle Finanze.
A seguito del parere richiesto dal Comune di Lecce, il Ministero delle
Finanze – nel riportarsi ad una precedente nota – n. 2195/2004 – , ha
reso un parere – n. 23873 del 20.10.2012 – con il quale, pur
richiamando le sentenze citate, ha ritenuto di consentire il condono
basandosi su due pronunce della Corte di Cassazione (n. 13463 e 13464
del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012) che non hanno affrontato il
problema come prospettato dalla norma, ma hanno analizzato la
fattispecie sulla base di mere irregolarità procedurali.
Infatti nella nota del Ministero leggiamo che "sul punto non si è
formato un orientamento giurisprudenziale consolidato e, pertanto, (il
Ministero) non ritiene opportuno mutare il precedente parere espresso
in varie note, tra le quali la n. 2195/2004. (…) Occorre, infine,
sottolineare che l'avviso espresso da questa direzione non può essere
considerato come preclusivo di eventuali contestazioni o impugnative
di un regolamento in materia di condono, la cui emanazione è comunque
rimessa al prudente apprezzamento di codesto ente."
Appare evidente come, nella nota del Ministero, vi sia una presa di
coscienza sia della giurisprudenza prevalente in materia richiamata
nella nota de quo (Corte di Cassazione e Corte dei Conti), sia del
fatto la propria interpretazione non precluderebbe comunque
l'eventualità di una impugnativa dei relativi regolamenti.
Importante notare che il Ministero nel richiamare le due sentenze
della Cassazione n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il
27.07.2012, le connota di una veste nuova rispetto alle precedenti
sentenze (di cui alla lett. B) come se le stesse sconfesserebbero la
tesi ormai prevalente e dominante in materia. È invece importante
scoprire che le due sentenze – in base alle quali secondo il Ministero
sarebbero attuabili i condoni comunali con riferimento all'art. 13 –
non prendono assolutamente posizione sull'argomento.
Le sentenze della Corte di Cassazione n. 13463 e 13464 del 2012
La sentenza n. 13463 del 03.05.2012, depositata il 27.07.2012,
(Presidente Dott. M. Pivetti e Cons. Dott. M. D'Alonzo – udienza del
03.05.2012) si riferisce ad un altro condono che riguarda i manifesti
politici ( art. 1 comma 480 della L. 30.12.2004 n. 311 – legge
finanziaria 2005); peraltro, la Corte conclude : "nel caso di specie,
il mero deposito della quietanza di pagamento, in assenza di qualsiasi
ulteriore elemento di riscontro dell'esito positivo dell'attività di
controllo svolta dall'ente impositore, non fornisce ex se la
dimostrazione del fatto determinante la cessazione della materia del
contendere e cioè dell'intervenuta definizione del rapporto
tributario, con la conseguenza che il motivo di ricorso dev'essere
dichiarato infondato".
In sostanza, si comprende come la questione trattata, oltre che
riguardare appunto un condono diverso da quello di cui all'art. 13
cit., è relativa a questioni procedurali (carenza di interesse) e
pertanto non può fare da spartiacque nel caso de quo.
La sentenza n. 13464 del 09.05.2012, depositata il 27.07.2012,
(Presidente Dott. M. D'Alonzo udienza del 09.05.2012), parimenti non
prende nessuna posizione rispetto al condono ex art. 13 cit, pur
citandolo nella sentenza.
Il caso analizzato nella sentenza riguarda l'imposta di pubblicità per
l'anno 1998 relativamente agli impianti utilizzati da una contribuente
nel territorio municipale romano. Anche in questo caso, la querelle è
relativa ad un vizio procedurale, in quanto come si evince dalla
sentenza "la parte che ha presentato l'istanza di definizione, al
termine della durata della sospensione e nella ipotesi in cui si sia
perfezionata la definizione agevolata, è tenuta a presentare l'atto di
rinuncia alla prosecuzione del giudizio debitamente sottoscritto dalla
controparte per accettazione con compensazione delle spese di
giudizio. La documentazione, da ultimo, versata in atti dalle società
non rispetta le modalità di presentazione di nuovi documenti dinanzi a
questa Corte. (…) Del deposito di nuovi documenti, però, deve essere
dato avviso all'altra parte mediante notifica del relativo elenco al
fine di garantire il contraddittorio (…) invece nella fattispecie non
v'è stata notifica dell'elenco né presenza del difensore del Comune in
udienza; dunque la produzione della contribuente è inutilizzabile."
In sostanza, la mancanza di conoscibilità dei documenti prodotti ha
determinato la totale assenza relativa all'interpretazione della Corte
sul problema che si analizza nel presente documento.
Ma vi è di più!
Come si può facilmente evincere, vi è una sostanziale corrispondenza
dei soggetti facenti parte la Corte di Cassazione delle sentenze
citate dal Ministero (ed utilizzate per legittimare i condoni
comunali, senza solide basi giurisprudenziali e normative) e di quelle
della giurisprudenza prevalente che effettivamente pronunciandosi
sulla validità del termine stabilito dalla norma di cui all'art. 13,
ne hanno previsto l'inapplicabilità per le annualità successive al
2002.
Infatti, la sentenza n. 13463 vede come presidente il Dott. Pivetti e
tra i Consiglieri il Dott. D'Alonzo (udienza del 03.05.2012); la
sentenza n. 13464 vede come Presidente il Dott. D'Alonzo con udienza
successiva alla precedente pronuncia, del 09.05.2012; allo stesso
tempo, nella importantissima sentenza n. 12679 (con udienza del
30.05.2012) vi sono come Presidente il Dott. Pivetti e tra i
Consiglieri il Dott. D'Alonzo!!!
Questo sta a significare che nelle sentenze citate dal Ministero –
quelle in base alle quali dovrebbero ritenersi legittimi i condoni
comunali – (n. 13463 e 13464 in cui l'argomento non è proprio trattato
- ), l'art. 13 non era stato minimamente preso in considerazione ,
tanto vero che i due Presidenti Dott. Pivetti e Dott. D'Alonzo lo
hanno, per la prima volta, affrontato e deciso correttamente con la
sentenza n. 12679/2012.
Questo dimostra anche l'errore grossolano contenuto nel parere
rilasciato dal Ministero, su richiesta del Comune di Lecce, con la
nota n. 23873 del 20.10.2012.
Infatti, il Ministero conclude il suo parere cosciente che la sua tesi
non risulta in alcun modo sostenibile, oltre che sostenuta da nessuna
pronuncia, facendo presente che "i regolamenti dei comuni possono
essere contestati ed impugnati, ed (il Ministero) invita il Comune di
Lecce ad un prudente apprezzamento di questo ente."
D) La recente sentenza n. 15251 del 12.07.2012 della Corte di Cassazione.
Alcuni, in materia di condono, citano la sentenza n. 15251 del
12.07.2012, che non procede a nessuna determinazione sull'argomento,
in quanto l'oggetto di questa pronuncia riguarda la carenza di
interesse del contribuente a proporre ricorso per Cassazione ex art.
100 c.p.c..
Anche qui, la Corte non procede ad alcuna disamina circa il condono di
cui all'art. 13 della L. n. 289/2002, lasciando intatto lo spirito
guida perseguito dalle sentenze di cui alla lettera B).
E) Conclusioni
In conclusione, alla luce della importante sentenza n. 12679 del
30.05.2012 pronunciata dalla Corte di Cassazione, dei principi
contenuti nelle citate delibere della Corte dei Conti – precedenti
rispetto alle sentenze di legittimità – , alla corretta
interpretazione della norma di cui all'art. 13 della L. n. 289/2002
contenuta nelle argomentazioni giuridicamente svolte dai Presidenti e
dai Consiglieri della Corte di Cassazione, è importante che i Comuni
non facciano alcun tipo di condono comunale ai sensi dell'art. 13
citato, in quanto le conseguenze si rivelerebbero disastrose.
Infatti, stante la giurisprudenza di legittimità che sottolinea
l'illegittimità di questi condoni per il limite temporale contenuto
nella norma attuatrice, pochi contribuenti ne farebbero uso, correndo
il rischio di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo con il
conseguente aggravio di spese successive (sanzioni e interessi).
Inoltre, i Comuni andrebbero a sballare completamente i loro bilanci
prevedendo la riscossione di somme mai certe e sicuramente
improbabili.
Infine, e di non minor importanza, i giudici tributari non possono
sospendere i giudizi in corso e devono assolutamente attenersi
all'interpretazione di diritto vigente della Corte di Cassazione, come
individuata dalla sentenza n. 12679 citata, facendo così venir meno la
definizione agevolata delle liti pendenti.
Lecce, 13.11.2012
Avv. Maurizio Villani
Avv.
Francesca Giorgia Romana Sannicandro
AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
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Luigi Palamara
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