Obama ha vinto ma non è il caso di stappare lo champagne.
Non che Romney fosse migliore, per carità, ma il primo mandato di Obama si è
rivelato un completo fallimento. Gli americani hanno inteso riconfermare
fiducia al primo presidente nero della storia degli Stati Uniti più per paura
(dei repubblicani) che per amore.
Lo spirito messianico che aveva accompagnato
le scorse presidenziali ha lasciato il campo ad una sana e diffusa
disillusione. Saprà Obama nel suo secondo, e ultimo, mandato svestire i panni del
presidente al ribasso per cambiare coraggiosamente e in profondità il corso
degli eventi? Spero di sì ma temo di no. Obama non è Roosevelt. E nemmeno gli
somiglia vagamente. A parte qualche
buona iniziativa in materia sanitaria, il suo governo si inserisce
perfettamente all’interno delle logiche che regolano la nuova governance
globale. Le priorità buone per tutti, da destra a sinistra, da Oriente ad Occidente,
sono sempre le stesse: controllo della spesa pubblica e ricerca ossessiva della
famigerata “competitività”, concetto che i neoschiavisti declinano nell’accezione
della ineluttabilità circa il mantenimento di bassi salari, poche tutele e
niente diritti per la classe lavoratrice e meno abbiente. Nei confronti degli
squali della finanza, poi, Obama si è già rivelato un agnellino. Tutti accusano
gli “speculatori immorali” di avere determinato con le loro condotte criminali
una crisi globale che attanaglia ancora l’intero Occidente. Ma nessuno si
domanda quali politici imbelli hanno determinato le precondizioni giuridiche
indispensabili perché ciò avvenisse.
La legge bancaria del 1933, nota come
Glass-Steagall Act, conteneva aspetti volti ad impedire la speculazione, grazie
soprattutto alla chiara separazione tra le banche tradizionali e quelle di
investimento. L’abrogazione di questa norma di civiltà è causa essenziale delle
successive crisi economiche planetarie. E sapete quale “falco iper-liberista”
ha deciso di far nuotare in mare aperto i pescecani della peggiore finanza? Reagan?
No. Bush padre? Acqua. Bush figlio? Acqua. Bush cugino? Neanche. Va bene, basta
scherzi, ve lo dico io: l’abominio si è consumato sotto la presidenza (non
sotto il tavolo, lì c’era solo la Lewinsky) di Bill Clinton che, il 12 novembre
del 1999, ha promulgato una legge nota come Gramm-Leach-Bliley Act.
Quello stesso Clinton preso a modello dall’attuale Presidente Obama. Insomma, è
meglio non farsi troppe illusione. Per quanto riguarda la nostra stanca e oppressa Europa, la fine delle elezioni
americane potrebbe nell’immediato determinare contraccolpi pessimi e pesanti.
Come
tutti sanno, la massoneria reazionaria che devasta il Vecchio Continente ha
utilizzato strumentalmente il grimaldello dello spread per imporre subdolamente
riforme strutturali dal sapore neofeudale. Tutti gli asini del circuito
main-stream italiano ed europeo hanno terrorizzato per più di un anno la
pubblica opinione attraverso la sadica “altalena del differenziale “. Poi,
improvvisamente, da qualche mese a questa parte, lo spread è scomparso dai
giornali. Come mai? E’ morto? E’ scappato? L’hanno sequestrato? Nessuno sa dove
sia finito. Semplicemente il 30 Luglio scorso il ministro del Tesoro
statunitense, Timothy Geithner, è venuto in Europa per criticare fortemente le
politiche volutamente recessive perseguite. In America sanno perfettamente che
il panico da deficit, come osserva con precisione anche il premio nobel Paul
Krugman, serve solo a smantellare lo Stato sociale (clicca per leggere http://www.ogginotizie.it/166442-krugman-aquot-panico-da-deficit-usato-per-demolire-programmi-socialiaquot/),
e non è facile prendere in giro Geithner quasi fosse una specie di Hollande o
Samaras qualsiasi. Siccome le politiche di rigore e austerità, oltre a
impoverire la maggior parte degli europei, rischiavano di condizionare la
rielezione di Obama, in difficoltà a causa dell’aumento della disoccupazione
nel suo Paese, causata anche dal naturale crollo della esportazioni americane verso
l’Europa, Geithner ha imposto ai macellai di Bruxelles di darsi (contingentemente)
una bella calmata. Ma ora che le elezioni sono finite, i torturatori possono
finalmente riprendere quel cammino di sventura tatticamente interrotto. Tra un
paio di giorni, potete starne certi, lo spread si sveglierà dal lungo letargo,
crescerà a dismisura in preda all’eccitazione, consigliando, come è ovvio, di
riprendere il cammino delle “riforme strutturali che tanto servono Paese”.
Scommettiamo?
Francesco Toscano
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