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Attenzione ai bambini per una società migliore. Dichiarazione dell'avv. Margherita Corriere

Per la Giornata dell'Infanzia, che si celebra il 20 novembre in tutto
il mondo, giorno in cui nel 1989 l'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite approvò la Convenzione Internazionale dei Diritti dell'Infanzia,
che l'Italia sottoscrisse il 27 maggio 1991, interviene Margherita
Corriere, Presidente Regionale dell'Associazione degli Avvocati
Matrimonialisti Italiani. «Nel preambolo della Convenzione viene
dichiarato che l'infanzia ha diritto ad un aiuto e ad un'assistenza
particolare e che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e
completo della sua personalità, deve crescere nell'ambiente familiare
in un clima di felicità, amore e comprensione. Lo stesso Giovenale,
già ai suoi tempi, scriveva "maxima debetur puero reverentia", ovvero
"al fanciullo si deve il massimo rispetto". C'è da rilevare però che,
nonostante tutte queste dichiarazioni di principi, è stato difficile
far decollare un'autentica ed effettiva tutela dei diritti
dell'infanzia. D'altra canto, il termine latino infans indica
letteralmente "colui che non parla" o, tradotto meglio, "colui che non
può, non deve parlare" e che, quantunque parli, non viene ascoltato.
Purtroppo, a distanza di migliaia di anni, tutto ciò accade ancora
adesso troppo spesso, e non solo nell'ambito familiare. Come avvocato
matrimonialista che si occupa di tutela dei diritti dei minori –
prosegue l'avv. Corriere – mi corre l'obbligo evidenziare quanto la
famiglia non sia sempre un'isola felice, ma un luogo che può diventare
un ambiente ostile e pericoloso per l'integrità psicofisica dei
minori. In particolare, nel momento patologico della vita della
famiglia, ovvero quando sopravviene la crisi della coppia coniugale,
cui segue l'insorgere di un conflitto genitoriale. Secondo le ultime
statistiche ogni anno oltre 80.000 minori, da vittime inconsapevoli,
entrano nel tunnel della conflittualità genitoriale. È essenziale che
le coppie in crisi escano da un fuorviante sistema di antagonismo
globalizzato in cui i figli vengono percepiti come meri oggetti, solo
per acquisire maggior potere nel conflitto in atto. Alcuni coniugi,
per la grave conflittualità della loro crisi, iniziano perfino a
contendersi i figli come se fossero oggetti da espropriare o da usare
come armi di belligeranza occulta nell'ambito delle separazioni
consensuali». Nella sua esperienza quotidiana di avvocato
matrimonialista, la Corriere riscontra spesso come il cliente,
soprattutto all'inizio dell'iter di una controversia coniugale, cerchi
di attribuire al proprio legale il ruolo di giustiziere, come se fosse
una sorta di Robin Hood che toglie i figli all'uno per consegnarli
all'altro. I bambini diventano così come un bottino di guerra da
conquistare. In tal caso, l'avvocato, che ha il dovere di non
fomentare i conflitti, ma, nel superiore interesse del minore, di
indirizzare la propria attività al fine di condurre i contrasti a
nuovi equilibri, deve cercare di far comprendere ai coniugi, con
professionale incisività e grandi doti persuasive, che di fronte ad un
figlio si rimane per sempre genitori, anche se con determinati ruoli e
responsabilità da soggetti non più in comunione. Il minore, infatti,
deve essere considerato come un soggetto autonomo di diritti e
titolare di tutte le attenzioni per la sana crescita della sua
personalità in itinere. Il bambino, deve essere tutelato concretamente
in ogni ambito della sua vita quotidiana ed ha il diritto di essere
rispettato nella sua peculiarità personale. Una celebre psicologa
statunitense, Dionna Thompson, sosteneva che la guerra che si fanno i
genitori in sede di separazione non è altro che una guerra contro i
bambini e dichiarava testualmente: «il punto non è semplicemente il
diritto dei padri o il diritto delle madri, ma il diritto dei figli di
avere due genitori che si occupino attivamente della loro vita. Una
società bigenitoriale è una società sicuramente più sana di una in cui
i figli crescono avendo relazioni monoparentali». In ogni caso, c'è da
rilevare che nell'ambito del contesto sociale in cui si vive, così
come in quello del nucleo familiare, è rilevante ed essenziale dare
voce ai bisogni e ai diritti dei bambini, secondo l'etica della
comunità solidale, un'etica improntata a quanto sostenuto nel
preambolo della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo. L'umanità ha
il dovere di dare al fanciullo il meglio di se stessa, un'etica scevra
da intenti individualistici, i cui disvalori sono principalmente la
non comunicazione, la non partecipazione e la non solidarietà.
Situazioni che portano allo sbando non solo la famiglia, ma tutta la
società, danneggiando soprattutto la categoria più fragile, quella dei
minori, che purtroppo diventano spesso vittime di violenza ed abusi.
Nella conclusione del suo intervento, l'avv. Corriere pone l'accento
su tre articoli della Convenzione del 1989: l'art. 24, che sostiene:
"Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del
miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e
di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia
privato del diritto di avere accesso a tali servizi"; l'art. 27, che
afferma: "Gli stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo ad
un livello di vita sufficiente per consentire lo sviluppo fisico,
mentale, spirituale, morale e sociale"; l'art. 28, che dichiara: "Gli
Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione".
«Leggendo questi articoli si constata quanto siamo ancora lontani dal
garantire tali diritti a tutti i bambini. Tanto deve essere ancora
fatto e non ci si può ridurre ad una mera ricorrenza annuale o ad una
semplice presa d'atto di determinate dichiarazioni di intenti. Ogni
giorno mi imbatto con le problematiche di genitori disperati, perché
viene disatteso il diritto allo studio dei loro bambini portatori di
handicap grave , per insufficienza di ore di sostegno e/o per
l'assenza di assistenti o educatori che si prendano cura degli
studenti e favoriscano una reale loro integrazione scolastica. C'è
ancora tanto da fare ed è indispensabile bandire ogni prassi
adulto-centrica e favorire una concreta cultura dell'attenzione e del
rispetto della persona del bambino nella sua peculiare ed irripetibile
individualità, tenendo sempre presente che ogni fanciullo è una
personalità in formazione rispetto a cui qualsivoglia impegno
educativo e affettivo è doveroso nell'intero percorso del suo sviluppo
fisico, psicologico ed intellettivo». Un'affermazione, quella
dell'avv. Corriere, in totale concordia con quanto sostenuto dal
Presidente Giorgio Napolitano ad un convegno sui minori: «Una società
che resta indifferente o, peggio, chiuda gli occhi di fronte a
fenomeni di violenza, sfruttamento o di profondo disagio dell'universo
minorile è una società priva di futuro». Ecco perché bisogna ascoltare
seriamente i bisogni dei minori, ponendo in essere un'autentica
cultura dell'attenzione e del rispetto verso le loro necessità: solo
allora la nostra società avrà un futuro migliore.

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