Cittanova (Reggio Calabria) – Si scaldano i motori e riparte, gradatamente, il carrozzone dell’industria del sapere italiano. A questo proposito MNews.IT ha raggiunto per una intervista la preside Maria Antonella Timpano – da tre anni dirigente del prestigioso liceo classico-artistico “Vincenzo Gerace” di Cittanova - dalla quale sono emersi tratti molto interessanti di un mondo vecchio e nuovo al tempo stesso, dove si scorgono nostalgicamente tutti i contrasti di una delle istituzioni fondamentali per il paese che, ancorché costretta a confrontarsi con gli atavici problemi che si rincorrono irrisolti, deve far fronte a nuove resistenze che la pongono in un contesto, se possibile, ancor più difficile da governare per ergersi quale è, uno dei pochi baluardi a difesa della speranza per il diritto al futuro delle giovani generazioni, dove lottare ogni giorno per riaffermare il diritto costituzionale allo studio pare essere diventato più che un rischio, il paradosso pericolosamente anestetizzato dalla certezza della quotidianità.
Sistema scuola in Calabria: allora Preside, è sempre il solito refrain anno nuovo problemi vecchi?
Purtroppo si. Siamo sempre alle prese con problemi che non si vogliono affrontare e dirimere definitivamente, in un rimpallo infinito di responsabilità. Veda, lunedì inizierà l’anno scolastico ma ancora ci ritroviamo con cattedre vacanti e professori da assegnare. Sono convinta che manchi, in questo senso, una certa volontà politica risolutoria con l’aggravante di danneggiare i ragazzi, i docenti e l’immagine della scuola stessa, che si riscopre - ancora una volta - incapace di far fronte a problemi reiterati nel tempo.
Si parla spesso di investire in cultura e formazione e dunque nella scuola che sembra uno dei focus maggiormente attenzionati dal governo nazionale (che proprio di recente ha promosso l’iniziativa “La buona Scuola”, in 6 macro punti). Chiediamo a lei, che opera direttamente sul campo, di dirci come stanno veramente le cose…
Sarò franca: credo sia pura propaganda. Tutte le proposte ascoltate sinora sono state aleatorie e basate sull’incertezza. Scorgo tanta fantapolitica nelle parole del premier Renzi ma la realtà è che siamo ancora molto, molto lontani dalla meta nonostante “l’annuncite” delle riforme a cornice che, una peggio dell’altra hanno demolito la scuola. Riesco a salvare solo quella Moratti del 2003. Guardi, parlando di cose concrete, nel nostro istituto, ad esempio, è da tre anni che lotto inutilmente per far sistemare dei bagni che devo, controvoglia, tener chiusi… e non le nascondo che, a volte, mi sento come una “Don Chisciotte” in lotta perenne contro i mulini a vento della burocrazia…
Dottoressa, vanno meglio le scuole-impresa, votate alla logica più ragionieristica dei risultati, o le scuole-fucina (sulla scia dei pitagorici) meno aziendalistiche ma più attente alla formazione degli studenti?
La verità è che servono entrambe le realtà. Occorre sperimentare il sapere ed educare i giovani ad essere futuri uomini. Ed occorre anche saper gestire le risorse. Ma tutto questo lo si può fare solo se si conoscono diritti e doveri. E, per capirci, io punterei dritta sullo studio disciplinare della nostra carta costituzionale, dall’infanzia alle superiori. Fosse per me lo renderei obbligatorio per ravvivare, specie nei giovani, il sentimento dell’amor patrio che oggi è praticamente azzerato. Ecco, ripartirei da lì.
Il mondo della scuola nel suo complesso detiene una grossa fetta di responsabilità nel sistema educativo e formativo dei ragazzi. Nell’era dell’informazione globale e take-away, il fare scuola tradizionale è ancora in grado di intellegerne bisogni e necessità per contribuire a costruirne il futuro?
Sono convinta che la scuola debba tenere il passo della società. Occorre ripensare l’insegnamento con interventi di natura interdisciplinare che abbattano il sapere meramente mnemonico e favoriscano l’uso di laboratori e dell’imparare facendo. Quello che rilevo va, ahimè, in tutt’altra direzione: temo ci dovremo aspettare una scuola del futuro infarcita di idee ma povera di contenuti.
La struttura del sistema scolastico calabrese è in grado di reggere l’urto del confronto col resto delle altre regioni? In altre parole, siamo competitivi?
Da ciò che ho finora sperimentato no. Raggiungiamo a malapena la sufficienza mentre per il potenziale umano potremmo eccellere. La vera zavorra è il sistema che è sin troppo politicizzato, che prospera su gerarchie pletoriche e farraginose a tutto discapito della meritocrazia.
Dunque la scuola – secondo lei - è davvero in grado di offrire pari opportunità a tutti?
E’ una bella favola ma non è affatto così! E’ inutile nascondercelo, nel comparto scuola è stato tagliato di tutto e quel poco che si riesce a fare grava unicamente sulle spalle delle famiglie, il vero pilastro di sostegno di una istituzione che altrimenti rischierebbe lo sgretolamento. Poi, al fianco di aspetti discriminanti ci sono - anche e per fortuna - altri che sono livellanti. Primo fra tutti è il desiderio, la voglia di ciascuno studente di imparare per progredire. E questo è un dato estremamente soggettivo, che prescinde la condizione familiare di partenza.
Per finire, Preside, che anno scolastico devono attendersi i suoi studenti?
Nonostante tutto, credo sarà un anno bellissimo. Ricco di impegni e di attività che, con ogni sforzo e malgrado le restrizioni del settore, cercheremo assieme a tutto il corpo docente di rendere il più intenso possibile. Gli obiettivi sono molto alti ed ambiziosi. Il mio personale augurio è che si possa lavorare serenamente motivando gli alunni in una continua corsa verso l’accrescimento del sapere. Che è poi la mia personale visione della scuola.
Giuseppe Campisi


0 Commenti