LA FONDAZIONE “GIACOMO MANCINI” RICORDA IL LEADER
SOCIALISTA, NELL’UNDICESIMO ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA, CON UN VIDEO IN
CUI LO STESSO MANCINI SI RACCONTA.
8 aprile 2002, 8
aprile 2013. Sono trascorsi 11 anni dalla scomparsa del leader socialista
Giacomo Mancini e la Fondazione a lui intestata lo ricorda con un breve video
realizzato dal regista Giuseppe Petitto, lo stesso che – in occasione del
decimo anniversario – diresse il docufilm “Il Leone Socialista, le battaglie
politiche di Giacomo Mancini” seguendo la sceneggiatura di Sergio Dragone.
In questo video è lo
stesso Giacomo Mancini a parlare, attraverso immagini inedite, raccontando la
sua storia politica, il suo impegno, il suo Mezzogiorno. Quel Sud e quella sua
città, Cosenza, che sempre sono stati al centro dell’attività del leader
socialista: ministro della Sanità, dei Lavori pubblici e del Mezzogiorno;
dirigente del Partito socialista, deputato della Calabria e, infine, sindaco di
Cosenza.
«Vogliono che i paesi funzionino come un orologio svizzero,
ma non può essere così quando si guarda in alto e si dimentica di guardare in
basso», queste le parole con cui si chiude il video. L’ultimo messaggio di
Giacomo Mancini, sindaco di Cosenza, che mai ha dimenticato la sua gente. E che
la sua gente non dimentica.
Il video sarà trasmesso lunedì 8 aprile, giorno
dell’anniversario, dalle emittenti televisive calabresi e sarà diffuso sul web.
Nato a Cosenza il 21 aprile 1916. Avvocato, antifascista,
figlio di Pietro Mancini, uno dei
fondatori del Psi, nel 1944 entrò a far parte dell'organizzaziona militare
clandestina a Roma. Dopo la liberazione, rientrato a Cosenza diventò segretario, fino al 1947, della
locale federazione socialista e membro della direzione nazionale del partito,
fino al 1948. Consigliere comunale di
Cosenza dal 1946 al 1952, alla Camera entrò nel ’48, 26 mila voti di
preferenza tra la sua gente, eletto nelle liste del Fronte Popolare: ci restò
per dieci legislature (1948-1992).
BIOGRAFIA DI GIACOMO MANCINI
Nato a Cosenza il 21 aprile 1916. Avvocato, antifascista,
figlio di Pietro Mancini, uno dei
fondatori del Psi, nel 1944 entrò a far parte dell'organizzaziona militare
clandestina a Roma. Dopo la liberazione, rientrato a Cosenza diventò segretario, fino al 1947, della
locale federazione socialista e membro della direzione nazionale del partito,
fino al 1948. Consigliere comunale di
Cosenza dal 1946 al 1952, alla Camera entrò nel ’48, 26 mila voti di
preferenza tra la sua gente, eletto nelle liste del Fronte Popolare: ci restò
per dieci legislature (1948-1992).
Nel gennaio del 1953
venne eletto segretario regionale del Psi. Nel 1956, all’indomani della feroce repressione sovietica
della rivoluzione ungherese, le strade dei socialisti e dei comunisti si
separarono e Mancini fu chiamato da Nenni a occuparsi dell'organizzazione del
Psi. Autonomista, nenniano, uomo di governo nel centro-sinistra, fu Ministro della Sanità nel primo governo Moro e Ministro ai Lavori Pubblici nel secondo e
terzo governo Moro e nel primo e secondo governo guidati da Mariano Rumor,
diventando ministro del Mezzogiorno nel quinto governo Rumor. Da ministro
della Sanità impose tra l'altro l’introduzione del vaccino antipolio Sabin. Da
ministro dei Lavori pubblici realizzò l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e fu
severo verso gli speculatori dopo la frana di Agrigento. Diventò vicesegretario nazionale del Psi il 9 giugno del 1969. Si
battè per l’unificazione tra Psi e Psdi, ma quando questa rapidamente fallì non
arrestò la sua corsa e, il 23 aprile del
1970, divenne segretario del partito. "Durò solo un paio di anni, - ha
scritto Paolo Franchi sul Corriere - ma furono anni importanti. Qualcuno, più
tardi, vi scorse anche una premessa, un’anticipazione della stagione di Craxi,
una sorta di variante meridionale di quella politica di collaborazione sì, ma
anche di competizione a muso duro con la Dc che Bettino avrebbe condotto in
stile milanese. Di certo Mancini non apprezzò affatto la linea del suo
successore, Francesco De Martino, di cui pure era personalmente amico: né la
teoria degli «equilibri più avanzati» né, tanto meno, l’idea che il compito dei
socialisti fosse essenzialmente quello di favorire l’imminente compimento
dell’evoluzione del Pci".
Si battè sempre in
primissima linea per i diritti civili: a cominciare dalla battaglia per il divorzio. Negli anni
di piombo non si associò al fronte della fermezza contro il terrorismo, e gli
furono rimproverate, in specie dai comunisti, debolezze e simpatie personali verso
esponenti di primo piano dell’Autonomia. La sinistra extraparlamentare gli era
lontana: ma per libertarismo e anche per calcolo politico non le sbatté mai la
porta in faccia.
Fu lui, nel luglio del
’76, a pilotare il Comitato centrale del Midas, che dopo la sconfitta elettorale
aveva defenestrato De Martino, verso l’elezione di Craxi: un po’ perché quel
suo vicesegretario che conosceva così poco non gli dispiaceva, molto perché
pensava che, debole come all’epoca Craxi era, sarebbe stato facile guidarlo da
padre nobile. Un altro errore, in tutta evidenza. Scontato con una rapida
emarginazione nel partito. Non
lasciò l’attività politica legata alla terra d’origine: nel 1993 venne eletto
sindaco di Cosenza, alla testa di alcune liste civiche non collegate ai
partiti tradizionali. Fu proprio in quell'anno, però, che prese l'avvio la sua
vicenda giudiziaria, quando alcuni pentiti lo accusavano di presunti rapporti
con cosche mafiose del reggino e di Cosenza. Mancini respinse sdegnosamente le
accuse che gli vengono rivolte, ma il Tribunale di Palmi, il 25 marzo 1996, lo
condannò per concorso esterno in associazione mafiosa. Un anno dopo, la Corte
d'Appello di Reggio Calabria, il 24 giugno 1997, annullò la sentenza per
incompetenza territoriale, rimandando tutti gli atti a Catanzaro. La
conclusione della vicenda giudiziaria arrivò il 19 novembre 1999, con
l'assoluzione da parte del giudice per l'udienza preliminare, Vincenzo
Calderazzo, che dichiarò estinto per prescrizione il reato di associazione per
delinquere, mentre per quello di concorso esterno in associazione mafiosa,
Mancini venne assolto perché il fatto non sussiste. Dopo le vicende
giudizairie, Mancini riprese l’attività politica ed amministrativa, dopo un
periodo di sospensione dalla carica di sindaco. Infatti nel dicembre del 1993
era stato eletto sindaco di Cosenza, il primo scelto direttamente dai
cittadini. Quella fu una delle più esaltanti vittorie politiche, e rappresentò
per Cosenza l'inizio di una vera e profonda rinascita amministrativa.
Nel 1997 vu rieletto
in maniera plebiscitaria e continuò a guidare la sua città fino al giorno della
sua scoparsa: l'8 aprile del 2002, all'età di 86 anni.
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